lunedì 26 gennaio 2009

studio per un viaggio












Il viaggio è uno dei simboli più antichi nella storia dell'umanità e la sua sola evocazione è capace di dare ancora vita a immagini di grande potenza per le quali si può usare il termine fatale di rivelazione, così da Saulo verso Damasco al giovane capitano de La linea d'ombra, ai viaggi nello studio-veliero di de Chirico e a infinite altre storie e opere, il viaggio è da sempre uno dei tramiti più forti proprio per una rivelazione che può giungere inaspettata anche in un breve viaggio a Bologna, nell'ostentazione dell'arte come merce costosa, nei padiglioni dell'ArteFiera nell'anno della grande crisi, camminando tra le opere con il rischio di fare indigestione e di avvertire il senso di pochezza che spesso trasuda dalle arti visive più recenti mescolato a una nausea simile a quella che si può provare dopo un'indigestione di dolci.
A Bologna qualche giorno fa entrando nel padiglione della galleria James Cohan di New York si poteva quindi trovare una piccola stanza dedicata a Bill Viola, un piccolo spazio buio ravvivato da una serie di schermi luminosi sempre pieno di gente, dove tutti ammiravano principalmente un grande schermo al plasma in cui due donne emergevano dal confine liquido dell'aldilà forse per mettersi un'ultima volta in contatto con il mondo terreno dei vivi. Sul lato di quello spazio buio si poteva trovare però un dittico del 2002 abbastanza trascurato dal pubblico, fatto di due piccoli schermi concepiti come le predelle di una pala d'altare e chiamato eloquentemente Studio per un viaggio. Nello schermo a sinistra, in una piccola cameretta priva di una parete per permettere la visione dell'interno (come accadeva nella pittura toscana tra Tre e Quattrocento) misteriosamente posta su un alto sperone roccioso a cui si giunge attraverso un sentiero, un uomo morente è accudito al proprio capezzale da un uomo e una donna, probabilmente il figlio e la nuora mentre fuori un uomo vestito di bianco (impersonato dallo stesso artista) attende seduto in una chiara luce irreale che sembra mescolare influssi rinascimentali a memorie di Edward Hopper. Nell'altro schermo, in una tersa giornata rischiarata dallo stesso sole innaturale, un pesante e tozzo barcone da trasporto in legno sulla riva di un lago, di un fiume o di un mare al centro di una chiostra di montagne viene caricato con i vecchi mobili di una casa da alcuni uomini in abiti da lavoro mentre una vecchia signora dai capelli bianchi aspetta paziente seduta su una sedia. Si può intuire quello che sta accadendo e cosa unirà le due scene, si pensa all'Isola dei morti di Arnold Böcklin, alle immagini archetipe del viaggio per mare e si attende spostando lo sguardo da uno schermo all'altro. Così dopo che i due giovani addolorati hanno lasciato solo il vecchio sul suo letto, la figura vestita di bianco (un angelo vestito come un pittore impressionista?) chiude la stanza e se ne va, l'uomo resta solo e abbandona il mondo terreno: dall'altra parte lo stesso uomo compare in basso su quella spiaggia e abbraccia la donna che lo stava attendendo, forse sua moglie, sua madre o una figura angelica, si incontrano ancora dopo una lunga separazione, sono visibilmente commossi e si tengono stretti con un affetto infinito, i lavoratori della barca salutano l'uomo con cordialità e finiscono di caricare i mobili, sono pronti a partire, il carico è pronto, gli uomini fanno accomodare i due anziani che si sono appena incontrati, si separano, alcuni restano a riva, altri avviano il motore, la barca salpa. Nell'altro schermo il figlio e la nuora tornano e trovano la porta per sempre chiusa, si disperano, la separazione è irrimediabile, restano solo le lacrime e il doloroso senso del distacco definitivo, dall'altra parte le persone sulla barca salutano gli uomini rimasti a terra, la barca si allontana nel canale tra le montagne, i video si spengono lasciandoci sospesi tra la tristezza della perdita e la gioia leggera per il ritorno.
Bill Viola si è voluto in questo modo confrontare con grande forza evocativa e potenza iconografica con temi universali come la morte terrena e la nascita celeste, il passaggio dal naturale al trascendente, il passaggio dal mondo dei vivi a quello che crediamo dei morti, la fine e la rinascita con cui può misurarsi adeguatamente mediante il suo personale e potente rinnovamento delle arti visive che lo rende un autore capace di riflettere sulle simbologie che hanno unito le religioni nella storia degli uomini e di dare loro nuova vita grazie a un'eccezionale e densa capacità di ricreazione e rielaborazione. In quest'opera l'autore riesce a ritrovare Beato Angelico e Böcklin, Giotto, de Chirico e Hopper, il senso mistico della quotidianità e la sacralità profonda della pittura senza cadere nell'illustrazione ma mostrandoci come la tradizione possa essere ancora un corpo vivo e attivo nel nostro confronto fecondo con la storia, come il passato possa aiutare il presente nelle sue trasformazioni senza cadere in accademismi e sterili riesumazioni.
Bill Viola con un linguaggio sapientemente semplificato ci parla allora del mistero della vita e della morte, tocca quello che l'arte ha sempre cercato di esprimere, ma che troppo spesso sembra dimenticare, e raggiunge una dimensione metafisica sia in senso artistico che filosofico capace di commuovere, come Canto d'amore di de Chirico commosse Magritte. Non a caso infatti tutti quelli che guardano quest'opera con attenzione fino alla fine si ritrovano con gli occhi bagnati da quelle lacrime che l'artista ha affrontato nei suoi lavori sul pianto e sul compianto, forse per una persona o per il Redentore a cui la disperazione e le lacrime sono state riservate in tanti capolavori della storia dell'arte. L'eloquenza delle lacrime che Jean-Loup Charvet ha scoperto in un suo saggio prima di scomparire prematuramente rende dunque giustizia alla verità di quest'opera, alla sua forza di emozionare e di suscitare quelle passioni che l'artista ha studiato nelle sue complesse ricerche sull'arte antica.
Così Bill Viola ci ha regalato la disperazione per il distacco e la felicità lieve dell'agnizione, la separazione e il ritrovamento dopo la perdita definitiva, la fine che diviene un inizio nella luce di un meriggio senza tempo, il viaggio di partenza o ritorno verso isole lontane dove forse potremo riabbracciare i nostri cari.
























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